giovedì, novembre 09, 2006

la decolonizzazione dell'immaginario


Pedagogia
La massima debolezza consiste nell'essere attratti da tutto ciò che ci circonda senza sentire il fascino della nostra interiorità, del nostro silenzio senza solitudine.
Spesso anche i nostri rapporti apparentemente più spontanei sono mercificati dentro una sottaciuta regola di: do ut des.
Non è consolante l'idea che, chissà fra quanti anni, la macchina infernale andrà sicuramente a disfarsi.
Viviamo in un mondo di debolezza e i più deboli sono coloro che non sono consapevoli di esserlo.
Grazie all'intelligenza perversa di un marketing che non distingue il possibile dall'impossibile, oggi un bambino può essere influenzato e accattivato da un qualsiasi mito e anziché trattenerlo nella sfera della fantasia e utilizzarlo catarticamente, è spinto a "possederlo", nelle più svariate forme. Questi processi fissano il legame: gratificazione = possesso e preparano, "per la vita", i giovani consumatori. Credo che sia utile attivare degli osservatori perché il fenomeno venga destrutturato alla base.
La decrescita
La società della crescita non è auspicabile per almeno tre motivi: perché incrementa le disuguaglianze e le ingiustizie; perché dispensa un benessere largamente illusorio, e perché non offre un tipo di vita conviviale neppure ai «benestanti»: è un'«antisocietà» malata della propria ricchezza. Il miglioramento del tenore di vita di cui crede di beneficiare la maggioranza degli abitanti dei paesi del Nord si rivela sempre più un'illusione. Indubbiamente, molti possono spendere di più per acquistare beni e servizi mercantili, ma dimenticano di calcolare una serie di costi aggiuntivi che assumono forme diverse, non sempre monetizzabili, legate al degrado, non quantificabile ma subìto, della qualità della vita (aria, acqua, ambiente): spese di «compensazione» e di riparazione (farmaci, trasporti, intrattenimento) imposte dalla vita moderna, o determinate all'aumento dei prezzi di generi divenuti rari (l'acqua in bottiglie, l'energia, il verde...). Herman Daly ha compilato un indice sintetico, il «Genuine Progress Indicator» (Gpi) che rettifica il Prodotto interno lordo tenendo conto dei costi dovuti all'inquinamento e al degrado ambientale.A partire dal 1970, per gli Stati uniti l'indice del «progresso genuino» è stagnante, o addirittura in regresso, mentre quello del Prodotto interno lordo continua registrare aumenti . È un peccato che in Francia nessuno ancora si sia preso la briga di fare un calcolo del genere. Con tutta probabilità i risultati sarebbero analoghi.Difatti, mentre si cresce da un lato, dall'altro si accentuano le perdite. In altri termini, in queste condizioni la crescita è un mito, persino all'interno dell'immaginario dell'economia del benessere, se non della società dei consumi! Ma tutto questo purtroppo non basta a farci scendere dal bolide che ci sta portando diritti contro un muro, per cambiare decisamente rotta. Intendiamoci bene: la decrescita è una necessità, non un ideale in sé. E non può certo essere l'unico obiettivo di una società del dopo-sviluppo, o di un altro mondo possibile. Si tratta di fare di necessità virtù, e di concepire la decrescita per le società del Nord come un fine che ha i suoi vantaggi . Adottare la parola d'ordine della decrescita vuol dire innanzitutto abbandonare l'obiettivo insensato di una crescita fine a se stessa. Ma attenzione: il significato di decrescita non è quello di crescita negativa, espressione antinomica e assurda che letteralmente è un po' come dire: «avanzare retrocedendo»; e che riflette in pieno il dominio del concetto di crescita nell'immaginario.La difficoltà di tradurre «decrescita» in inglese è rivelatrice di questo predominio mentale dell'economicismo, e simmetrica alla difficoltà di esprimere i concetti di crescita o sviluppo (e quindi ovviamente anche di decrescita) nelle lingue africane. Come è noto, basta un rallentamento della crescita per allarmare le nostre società con la minaccia della disoccupazione e dell'abbandono dei programmi sociali, culturali e di tutela ambientale, che assicurano un minimo di qualità della vita. Possiamo immaginare gli effetti catastrofici di un tasso di crescita negativo! Così come una società fondata sul lavoro non può sussistere senza lavoro, non vi può essere nulla di peggio di una società della crescita senza crescita. Ecco perché la sinistra istituzionale è condannata al social- liberismo, fintanto che non osa affrontare la decolonizzazione dell'immaginario.La decrescita è concepibile solo nell'ambito di una «società della decrescita», i cui contorni devono essere delineati.
Serge Latouche

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