domenica, dicembre 20, 2009

lo stromonio pinzilloso



Insomma il fatto che non riuscisse a dormire tutta la notte e che sognava quasi tutto il giorno, l’aveva in un certo senso isolata dal mondo. Del resto non si può certo telefonare ad un’amica magari per andare a cinema alle tre di notte! E aspettare che nella grande città risuonasse nonostante tutto il cinguettio degli uccelli all’alba, era per lei uno stupore e nello stesso tempo uno sgomento. I sensi di colpa la invadevano senza una vera e propria ragione per poi sparire veloci così come si erano affacciati. Ma come? Anche questa notte è passata senza dormire? Lavorando all’uncinetto per creare questi strani cosi con cerniere e ferretti? Questa sovversione sarà mica pericolosa? Una cosa era certa, risparmiava tanti euro e spendeva per la breve veglia pomeridiana quasi nulla. Era priva di ansie funeree e paure inutili. Il suo essere completamente inoffensiva al mondo non le portava conseguentemente di essere carne da macello per questa piccola e involontaria sovversione. Più limitava il suo tempo più esso si espandeva in maniera infinita. E i dovuti contatti pseudo lavorativi ridotti all’osso, le procuravano una specie di letizia anche se non vi era nulla di così lieto. Un giorno, al termine di una di queste rare uscite si ritrovò in auto, ferma al semaforo rosso, con una amica e fuori un freddo glaciale. Vedeva davanti all’auto un tombino da cui usciva molto fumo e poco più avanti un altro ancora. Un incendio? Un allarme fuori luogo. E anche quasi no. L’amica le disse che erano i “non fissi dimora” che si rintanavano sotto i tombini della grande città e accendevano piccoli fuochi sotterranei per scaldarsi. Allo scattare del verde del semaforo ci passò su con l’auto e pensò che il mondo è un mondo impossibile. Sempre stato così. Impossibile. E la vita? La vita è bella. La vita è bella? In un mondo impossibile? Quando rientrò a casa pensò di sì, poi di no, poi di sì, poi di no, poi di sì, poi di no …
Mentre leggeva l’ultimo noiosissimo libro di Stefano Benni, immaginò 3, 4 piccoli omuncoli sparsi nel mondo tutti intenti ad alimentare l’impossibilità del mondo rendendo obbligatorio l’amore nei loro confronti. Al primo albeggiare, coperta sin sopra la testa dalla coperta calda calda, le si presentò nella sua mente una vecchina con in mano qualcosa che, senza perchè, riconosceva. Era lui, lo “stromonio pinzilloso”. Un’erba medicamentosa la cui essenza aveva il potere di rendere satolli gli avidi. E fu il ricordo confuso e lontano che in natura esiste un rimedio a tutto, che le permise di continuare ad avventurarsi nel suo lungo sogno.

martedì, giugno 23, 2009

l'ultimo comizio dal padiglione n.6



Ed eccoci arrivati. Dico a te. Finalmente ti senti chiuso nell'angolo. E fai finta di niente. E io con questa folle corsa a compensare la tua mancata natura, il tuo grande bluff. E questo non ti perdonerò perchè la fatica inutile di questo spendersi a colmare il tuo vuoto fatto d'assenza non è neanche considerato, né visto, inesistente, vano. Ti do il merito di giudicarlo incompetente. Non mi è propria la tua natura e in verità tu hai espropriato la mia, con un gioco d'anticipo. Il grande bluff sono io.

E adesso guardami. Lo vedi il bluff? Guardalo come io guardo te. E prendi fiato che non ho finito.

Deve essere difficile il passagio, no? Quel momento là ... No, non puoi ancora scappare. E dove vorresti ancora andare? Quel preciso momento ... Che dici? Si conterà uno due e tre? Tu riesci a immaginare la tua fine?

E' spaventoso. Vien da fuggire. Ne sento la paura. La vedo la tua e la guardo. E guardami mentre ti parlo. E non correre a far cazzate e a giocare. Guarda la mia paura, hai paura? Ti chiedi come tu possa rendere anche quel momento un momento felice. Ma adesso prendi pure tempo e calmati, che non ho ancora finito.

Adesso non appartieni a nulla e ti disperdi. Non riesci più a muoverti senza i limiti che ti sei confezionato con cura. Tutto è svanito e ripercorri il tuo passato come a trovare quella traccia che ti ha portato qui, all'angolo. Non puoi trovar risposta perchè per tutto questo tempo non hai fatto altro che non risponderti, evitando con festosità e tristezza ogni angolo del mondo. Sei solo come un cane e condannato a finire. E' da questo che sei sempre fuggito, no? Ti capisco. La condanna è la stessa. Guardami. Da sempre lei. E ora non puoi più divagarti, distrarti, impegnarti al disimpegno camuffato da grande lavorio. Eh già, c'è da deprimersi. E inizi a sentire il dolore del mondo. Ti piacerebbe tornare ancora al grande bluff a gonfiare il tuo potere basato sul nulla che con temeraria spavalderia vuoi rendere immortale. Oramai non potrai più permettertelo. Quella strada è chiusa. Mai più nulla sarà come prima. Nè lo potrai più vivere evitando la nausea che porti verso te stesso. Il disgusto. Lo senti il disgusto? Abbandonati ora, pure al pianto, io non ho finito.

E' un miracolo ascoltare le rondini danzare e vincere con così poco il sapore della tua desolazione. E che la luce di questo sole che attraversa a lampi il verde di poche foglie possa raggiungere te e il tuo gelo. Ne avverti il tenue calore?

Come se fosse amore senza prezzo a cui non credi più. Che non sai se ti è ancora riservato. Questo il dubbio. L'incertezza ti invade, guardala come ti agita il cuore senza più vie di fuga. La voglia di sparire piuttosto che non meritare la vita. Guardami e datti pace. Respira e allontana la tua ansia. Conquistala rinunciando alla seduzione. Respira, respira.
Una resa, senza paura.

Adesso vado via, mi allontano e continua a guardarmi, sapendo che per te Nulla sarà Sempre.

No,non è vero non ho finito.
Vuoi ricominciare adesso e non hai capito. Ancora vuoi ricominciare a battere in automatico il tuo copione. E non ti basta e con sguardo apparentemente nuovo vuoi far del bene magari. Come a rinverdire la nostalgia di una placenta piena d'acqua. E se questo ti risulterà appena un po' impossibile, tenterai ancora di succhiare la vita come una sanguisuga nel tentativo di ringiovanire nella tua età. E ricomincierai a fare in modo che il mondo diventi il tuo palcoscenico privato dove fermare il tempo e interpretare il tuo ruolo preferito assecondando i tuoi inconsapevoli piani di fuga. E la paura tornerà, e il disgusto, e la condanna e il suono del garrire delle rondini sarà colonna sonora della tua folle reiterata scelta. Guardami e guarda la tua follia. Per sempre e per tutti riconoscibile. Guarda. Adesso lo vedi dove sei veramente finito?

Hai perso, perdiamoci.

domenica, aprile 26, 2009

la vertigine





"...'impotenza' non significa qui soltanto assenza di potenza, non poter fare, ma anche e soprattutto 'poter non fare', poter non esercitare la propria potenza. ..."*

La luce sul comodino era accesa, forse troppo. Leggeva per distrarsi dall'insonnia e da quel senso di vertigine che non le dava tregua. Un senso che riconosceva come proprio, come un ricordo a singhiozzo che a ritroso la vedeva ancora bambina. "Ma guarda questa ... ma l'hai sentita?" "cosa?" "su, fai vedere che hai fatto ... bravissima brava ... su ripeti". Lo sguardo addosso come se fosse un film.

"separato dalla sua impotenza, privato dell'esperienza di ciò che può non fare, l'uomo odierno si crede capace di tutto e ripete il suo gioviale 'non c'è problema' e il suo irresponsabile 'si può fare', proprio quando dovrebbe invece rendersi conto di essere consegnato in misura inaudita a forze e processi su cui ha perduto ogni controllo"*

Di quando era bambina si ricordava appena il nascondiglio dietro la poltrona quando fuggiva dalla zia e dalla sua iniezione ricostituente, quando una volta si nascose dietro gli asciugamani del bagno inutilmente e dell'angolo dove si metteva da sola in punizione, della paura del buio e ... e poi la vertigine, quel senso di vertigine. Aveva stabilito arbitrariamente, per darsi un ordine, che fosse risalente a quel giorno in cui a tre anni incominciò a leggere sillabando tra sè e sè la marca del rasoio elettrico del padre: "Re - min-gtòn" e tutti accorsero a guardarla con stupore. Si era trovata a saper parlare in ritardo, ma con grande proprietà di linguaggio e in anticipo a saper leggere. Questo anticipo era la sua vertigine. Questo anticipo che le veniva dalla sua vita e che lei guardava dall'esterno come se non le appartenesse. Aveva il sapore di un sospetto di megalomania che il proprio carattere non tollerava. Una solitudine.

"Nulla rende tanto poveri e così poco liberi come quest'estraniazione dell'impotenza. Colui che è separato da ciò che può fare, può tuttavia, ancora resistere, può ancora non fare. Colui che è separato dalla propria impotenza perde invece, innanzitutto, la capacità di resistere"*

Aveva nel pomeriggio firmato la sua lettera di licenziamento. Entro due mesi la sparizione del suo investimento l'avrebbe invasa. Qualcosa del genere era già successo . Come diceva sua madre: è la vita. Era sul letto a leggere mentre aspettava il sonno ristoratore, che le avrebbe regalato quel senso di liberazione che a tratti, nella giornata, si era fatto inaspettatamente sentire. Con il susseguente senso di vertigine. L'estraniazione dalla possibilità della possibilità.

"Come è soltanto la bruciante consapevolezza di ciò che non possiamo essere a garantire la verità di ciò che siamo, così è solo la lucida visione di ciò che non possiamo o possiamo non fare a dar consistenza al nostro agire"*

Quando il caldo della coperta l'invase e il morbido del cuscino si rese più accogliente, si addormentò trasformando in dondolio tutto il suono del mondo. Come se fosse presente ancora amore.

*da "Nudità" di Giorgio Agamben- Ed. Nottetempo

venerdì, aprile 03, 2009

uh!


ieri ho spaccato e buttato all'aria tutto ciò che mi capitava a tiro in casa ...

giovedì, marzo 12, 2009

rileggendo



... è che alle volte, a distanza ... le cose acquistano quel non so che ...
per esempio ...
(in attesa del ritorno della favella)

domenica, marzo 08, 2009

Sul Testamento Biologico - Dott. Nicola Glielmi

qui di seguito pubblico su richiesta (accettata), il documento inviatomi dal Dott. Nicola Glielmi, già pubblicato in Vertici, per darne ulteriore risalto.

Sul testamento biologico
del dott. Nicola Glielmi

Stiamo vivendo un momento caratterizzato dalla confusione delle parole per cui pane significa vino e vino significa pane, si vuole morto chi è vivo e vivo chi è morto. La confusione del linguaggio della torre di Babele è antica e tuttavia sempre attuale. Da ragazzo leggevo un quotidiano napoletano per appurare la realtà delle cose, la quale risultava esattamente contraria ed opposta a quella descritta nel quotidiano come in uno specchio deformante. Forse anche questo lontano esercizio mi ha aiutato nella mia attività professionale a vedere le cose oltre la loro apparenza.
Per il testamento biologico, quando non si voglia parlare di malafede, bisogna parlare di schizofrenia negli onorevoli medici del Parlamento Nazionale, sostenitori delle tesi propugnate nel disegno di legge a firma del cardiologo on. Senatore Raffaele Calabrò, che prevedono l’obbligatorietà della nutrizione artificiale con sondini, cannule e fleboclisi anche in soggetti che abbiano chiesto preventivamente che, in caso di coma protratto e irreversibile, venga sospeso il trattamento sanitario. Perché tale è la nutrizione meccanica e artificiale se non altro perché essa è realizzata dal medico e non dall’idraulico, o dal fornaio.
Mi hanno fatto destato molta perplessità le persone che portavano bottiglie d’acqua e panini con la mortadella ad Eluana Englaro. Al posto del padre Beppino, non so se avrei avuto la forza di resistere alla tentazione di imbracciare un fucile mitragliatore contro un’invasione non richiesta in un fatto personalissimo e dolorosissimo.
Anch’io posso avere delle opinioni e questa è soltanto un’opinione, carica di rammarico perché la maggior parte delle persone con tali riti propiziatori di bottiglie d’acqua e panini alla mortadella, non s’accorge che sta preparando, senza volerlo e senza averne coscienza, un nazifascismo peggiore di quello hitleriano a ben leggere “La Psicologia di massa del fascismo” di Wilhelm Reich. Ma non tutti conoscono questo scienziato, che anzi è diffamato quando non è tenuto nascosto, nel buio della caverna, quasi fosse il vaso di Pandora. Ma, forse, è il vaso di Pandora perché ha evidenziato tutti i malesseri dell’umanità di cui è responsabile soltanto l’uomo e nessun demiurgo.
Va, dunque, fatto un chiarimento sull’argomento e credo che soltanto il medico ha titolo per esprimere un giudizio. Non il filosofo perché esprimerebbe un’opinione pro o contro, ma non sarebbe pertinente perché il filosofo non è un competente nella materia. Altrettanto non pertinente e non competente sarebbe il giudizio del matematico, del fisico e del giurista. Né per trattare correttamente l’argomento può essere valido il criterio religioso per il semplice fatto che le religioni sono molte e diverse e ciascuna con relative componenti settarie che esprimono un pensiero metafisico diverso e contrastante.
Il tema, dunque, può riguardare soltanto la medicina perché è la medicina la branca del sapere umano che studia la biologia dell’uomo, la patologia, la nascita, l’evoluzione e la sua morte.
E cominciamo dal cardiologo. Codesto nella sua prassi professionale, a meno che in maniera del tutto schizofrenica o in malafede non intenda negarla in Parlamento, non può costringere, con un atto di forza, il suo paziente e contro la sua volontà ad eseguire un trattamento invasivo quale è l’angiografia o l’angioplastica, per gravi che siano le condizioni cardiocircolatorie del paziente. Altrettanto dicasi dell’internista che non può prescrivere una semplice fleboclisi contro il parere del paziente. Cito per paradosso l’ammalato ortopedico che in genere chiede l’ausilio meccanico per migliorare le sue condizioni di vita, per affermare che neppure il medico ortopedico può pretendere di impiantare un arto artificiale al suo paziente se a questi sta bene la sua zoppia. Ricordo in proposito che un signore avendo subito il trapianto della mano destra, dopo qualche tempo chiedeva che gli fosse ripristinata la condizione pre-impianto, perché non riconosceva come propria la mano trapiantata.
Voglio infine ricordare che, per esperienze millenarie dell’umanità, nessuno può proibire il suicidio a nessuno. Si potrà essere condannati a vivere come virgulti nella selva dantesca dei suicidi appesi al ramo di un albero come Pier delle Vigne e tuttavia la minaccia di una condanna pos-terrena non ha mai impedito al suicida di porre termine alla sua vita.
E qui va spesa una parola sull’ossimoro del suicidio del paziente psichiatrico. Lo psichiatra ha il dovere di scongiurare il suicidio del suo paziente non perché atto negatore della vita, ma in quanto si presume che non sia espressione di una libera volontà, ma di malattia mentale che comporta l’incapacità di intendere e di volere, e che merita, pertanto, d’essere curata.
Dovrebbero, pertanto, dichiararsi pazzi tutti coloro che, come Piergiorgio Welby, subiscono contro la loro volontà “un trattamento sanitario obbligatorio” con alimentazione artificiale ad oltranza, vissuta, tra l’altro, come tortura.
Ed entriamo nel cuore del problema: gli onorevoli colleghi medici, deputati e senatori della Repubblica, tutti internisti, cardiologi, dentisti, ortopedici, nefrologi, sono chiamati a decidere su problemi che esulano dalle loro competenze mediche perché la Morale, Dio e il Diavolo, quando incidono sulla sfera della salute degli esseri umani, sono argomenti propri della Psichiatra. Né mi pare che l’essere eletti dal popolo nel Parlamento Nazionale conferisca al medico una superiore conoscenza medica e per illuminazione dello Spirito Santo una specializzazione in psichiatria.
Va ricordato che tutti i medici, anche quelli che siedono in Parlamento, hanno giurato di “astenersi dall’accanimento terapeutico” e di servire fedelmente la Repubblica Italiana e le sue libere istituzioni, che in quanto tali non sono coercibili da alcuna morale religiosa! E dirò subito, senza equivoci, che la “libertà di coscienza”, già ampiamente prevista negli articoli della Costituzione, è spesso usata come un alibi con effetti criminosi, certamente non voluti dal legislatore.
Infine la considerazione più amara: non stiamo entrando in un regime fascista, ma in una Repubblica teocratica! Che dire, infatti, del digiuno quaresimale imposto nella scuole della capitale? Questa può anche essere una misura salutare (vedasi sacra Bibbia); ma il guaio è che, nell’anno 2009, non è imposta da preoccupazioni di igiene medica, ma, purtroppo, da fanatismo religioso. E se i genitori degli scolari musulmani che frequentano le scuole italiane pretendessero di applicare nelle scuole le regole dietetiche prescritte nel Corano?

giovedì, febbraio 19, 2009

lunedì, febbraio 09, 2009

dedicateN

martedì, febbraio 03, 2009

giovedì, gennaio 22, 2009

comizio 5



SIETE FANTASTICI!
eheheh ...
E' bellissimo stare qui con voi oggi! eh eh ... il vostro entusiasmo mi riempie il cuore di coraggio ... eheheh ... alla faccia di chi ci vuole male! Uomini che non apprezzano l'ironia dimostrandosi poco intelligenti, soprattutto quando sentenziano che la mia è sempre fuori luogo! Come se dovesse essere utilizzata in momenti che lo permettono! Per loro solo una risposta: prrrrrrrrrrrrrrrrrr! eheheh! 
Non trovate sia bello scherzare?
Ma torniamo seri. E' certo che anche coloro che si oppongono al mio inderogabile ottimismo, possano collaborare al mio disegno di rendere i disagi del paese dei punti a mio favore. Il dialogo, infatti, è elemento indispensabile a far sì che l'evoluzione della condizione umana possa a grandi passi recare all'intero sistema mondo, un tempo di pace e prosperità. E non possiamo certo dire che noi, anzi io in prima persona non abbia impegnato, con questo intento, il nostro esercito in missioni di pace, lì dove questa evoluzione era frenata, a mio parere, da discutibili processi verso la democrazia. E anche lì dove un intero popolo ha mostrato, attraverso un voto democratico, di preferire persone che, per i parametri democratici da me stabiliti, non erano conformi, non ho risparmiato i miei sforzi e il mio zelo nel far capir loro che avevano sbagliato ed erano stati ingannati da biechi personaggi intrisi di comunismo e pertanto terroristi. Quanto questo costi in vite umane innocenti è inutile dire. La colpa di chi si oppone al sereno proseguire del sistema mondiale, ormai rodato da un secolo e più, si allarga a dismisura nel tempo, lasciando pagine macabre nella storia. Quello che però ci deve riempire d'orgoglio è sapere che il bene vince sempre sul male, e noi, perchè vicini a dio, siamo il bene ... eheheh ... e anche il bello ... eheheh grazie ... grazie!
Se il mondo non avesse donne come voi laggiù che urlate sorridenti, la vita sarebbe un tristo peregrinare tra doveri etici e morali, senza via di sfogo ... eheheh ... ancora alla mia età non posso pensare di fare a meno della vostra graziosa compagnia! eheheh ...
Ed è per questo che mi batterò per voi e la vostra emancipazione. E' per me assurdo pensare che ancora, nel XXI sec., ci siano migliaia e migliaia di donne costrette ad andare in pensione cinque anni prima degli uomini! E' assurdo che ancora oggi ci sia una differenza tra l'essere uomo e l'essere donna! L'umiliazione che vi viene inflitta, io capisco bene abbia il sapore amaro di un'esistenza sconfitta! So bene che per tutte voi, donne coraggiose e valorose, lo scopo ultimo è di eguagliare il genere maschile. E in particolare in questo diritto di essere produttive più a lungo! Questo è il passo più importante, se non unico, che supera di gran lunga la questione che le retribuzioni delle donne siano inferiori a quelle degli uomini, nonostante le stesse cariche e le stesse mansioni. La femminilità si distingue sempre in generosità e scarsa venalità. Cosa infatti può riempirvi di dignità e rispetto se non eguagliare nell'operosità gli uomini come me?
... ... eheheh ... del resto sapete bene come vi adori! ... sono o non sono un tomber de femme? ... eheheh grazie! siete bellissime! Quando vi incontro casualmente per strada e mi toccate come fossi il papa, il mio cuore si riempie di grande orgoglio! ... eheheh!
Per finire, a voi tutti dico che ... che io sono il vincente, e questo è incontrovertibile! E lo stupore, il disorientamento e lo sconcerto che lascia senza parole coloro i quali non sanno opporsi a me, è la prova comprovata della mia perenne vittoria! Il loro continuo criticare non fa che sottolineare che io sono il vero e unico protagonista della storia!
Anche perchè mia moglie non si veste da negra ... eheheh!


sabato, gennaio 10, 2009

Dap!




Aspettava per strada sua figlia che era in seduta cranio sacrale. Piovigginava e faceva freddo. Entrò in una farmacia per cercare l’olio di mandorle da regalare ad un’amica da pochi mesi in dolce attesa. L’olio non lo trovò, solo creme antiquesto e antiquello. Mentre usciva un po’ delusa, incrociò con lo sguardo una rivista omaggio che trattava il DAP, disturbi di attacchi di panico. Lo prese ed uscì. In auto ne sfogliò le pagine senza che questa operazione provocasse in lei qualche pensiero o riflessione. Poi andò a prenotare 10 panzerotti fritti per cenare in compagnia. Nei giorni a venire avrebbe passato il tempo sul divano con l’australiana, per niente simpatica. Fu solo una settimana dopo, che sua figlia le ripropose il termine "panico". E fu solo nella serata che le venne in mente in maniera fulminea, quasi come pensiero non suo, che esso governa in assoluta segretezza e profondo silenzio, tutto ciò che appare vivo e giulivo. Oh, pensò, toh! Ma vuoi vedere che ... alla fin fine ...

Il giornaletto, oramai strapazzato sul tappetino dell' auto, parlava di sintomi: non si ha voglia di fare nulla, ci si scorda le cose, oppure la testa è in confusione, o ci si sente sempre stanchi, vittime di propri continui processi di evitamento, e tutto al di là della propria volontà. Tutto potrebbe partire e avere inizio, pensò, dalla paura del "lupo nero" e a quel punto si è bimbi e si corre da mamma. Che è lì ad assicurarti: come può un lupo nero far paura in mia presenza al mio bambino? in città? con tutta sta gente? con questa pioggia e questo rumore? con questo sindaco? E il bambino si tranquillizza e cresce. Diventa giovane. Il giovane ha tanto di quel panico di fronte al mondo che si vuol fare appalesare ogni giorno che, non potendo più ricorrere alla mamma, crea il gruppo e straripa di impeto in compagnia. E nasconde i Dap con la forza che gli è congeniale e la logica ribellione spesso diretta contro la mamma, la quale ha rassicurato rispetto al lupo nero ma per nulla rispetto alla città, a tutta questa gente, alla pioggia e il rumore, al sindaco. In fondo la gioventù come condizione, non è che maggior forza di cui non si sa leggere le modalità d'uso. Forse in questo consiste la sua bellezza, bellezza che può essere riconosciuta solo quando finalmente se ne è usciti. E' anche bellezza di avere il tempo di sperimentare l'illusione di qualcosa e le possibili veritiere stronzate, tutto un tempo per porre le basi future all'intendimento di un mezzo spreco. E poi? Poi ad un certo punto, colti dal panico di non essere abbastanza veloci per qualcosa e per questo fottuti, si pensa a diventare al più presto la città, tutta sta gente, la pioggia e il rumore, il sindaco. E neanche l'operosità costante e frenetica mette a tacere l'ansia di essere in ritardo per qualcosa che ci appare di grande importanza, di cui sappiamo poco e niente. Ed è allora il momento dell'idea di costruirsi un piccolo cantuccio. Per curare e curarsi con gente fidata, macchè gente! ... con un altro solo! macchè con un altro solo ... da soli, macchè da soli! ... a due con le cose in chiaro, anzi ... a quel punto anche più, fare dei figli magari! Per rendere il cantuccio caldo e difenderlo. E allora vai! Vai con l'ansia di non riuscire a far evitare loro tutto questo panico per il lupo nero, la città, tutta sta gente, la pioggia e il rumore, il sindaco, la gioventù, lo spreco, l'operosità, il ritardo, il cantuccio, l'idea ...
La guerra.
Vai vai vai con la preoccupazione di lasciare in eredità al futuro i mezzi per placare tutto il panico del mondo, e anche il proprio. Dap! Dap! Dap!

Questo pensò, in un lampo.

Poi riprese il giornaletto e a caso si soffermò su : Dap, sentirsi come estraneo a se stesso, percepire la realtà esterna come estranea.

E allora chiuse la macchina e, sorridendo con ironia levantina, si allontanò.