Egregio,
ti scrivo perché conosci bene quale sarà la mia destinazione e dove in questo momento mi trovo.
E sai bene anche quanto abbia tentato di agguantare con ancor più forza, ma senza alare, qualcosa che potesse farmi cambiare totalmente rotta. Ho anche allascato a più non posso con tutti gli alabbassi a me disponibili, per liberarmi in maniera risoluta di ormai inutili zavorre. Inoltre ho tonneggiato per farmi largo nella tempesta di parole che sviavano da quello che mi accadeva realmente e intugliato tutto ciò che poteva essere più capace di darmi movimento. E ora son qui, rassegnato sulla battagliola ad aspettare il fatidico momento. Uno dei motti della nave è “Non chi comincia ma quel che persevera”, e questo mi issa a pensare che ricominciare nuovamente non è neanche una cosa così elogiabile. Ho davanti a me ormai da tempo immemorabile tre alberi verticali, trinchetto, maestra e mezzana, tutti dotati di pennoni e vele quadre, più il bompresso sporgente a prora, a tutti gli effetti un quarto albero. E vele di taglio: i fiocchi, a prora, fra il bompresso e il trinchetto, gli stralli, fra trinchetto e maestra e fra maestra e mezzana, e la randa, dotata di boma e picco, sulla mezzana. Tra tutto questo la mia alienazione vaga in cerca di patria. E passeggio scrutando il nero mar sui tre ponti principali, continui da prora a poppa. Da quello di coperta a quello di batteria. Poi passo al corridoio e ai copertini sino ad arrivare al castello a prora, in attesa che qualcosa succeda per porre fine al vacuo movimento di pensieri assetati di verità. Il secondo motto della nave, utilizzato a fine stagione, è “Saldi nella furia dei venti e degli eventi” che è lì segnato come a voler rafforzare quei sentimenti in esaurimento di volontà. Non posso pensare che io mi trovi qui per controllare e scongiurare la mia grande guerra! Ed è come se in me affiorasse nella coscienza il pensiero di aver raggiunto finalmente il luogo dell'agognato epilogo. Avverto il vento di una studiata collisione che porterà grande rianimazione per gli apparenti in terra ferma. Sarà l’unica via d’uscita per la mia uscita?
Per questo ti scrivo, per dirti che so, adesso. Adesso conosco il vero motivo della mia presenza qui e ti ringrazio per avermi tenuto all’oscuro la nuotata a me destinata. Mi è più facile ora accettare la sorte da me scelta, senza più pensare ai giochi mancati con il mio amore, ormai lontano e che più non so di amare. Qui i gabbiani volano ormai con i corvi, come le illusioni di un’intera vita persa in un linguaggio parallelo.
Rimango sul cassero di poppa, in attesa di tue ormai poco credibili buone nuove, guardando senza scrutare, tra i fiocchi e il bompresso, il trinchetto e la randa, la mezzana e…