
E insomma siamo qui
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in compagnia di suon di sirene spiegate per far capir qualcosa ai passanti, ormai passati nel passato.
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non uso più camicie.
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son tutte da stirare, ho una montagna sulla sedia di roba tutta raggrinzita su se stessa.
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quasi quasi butto tutto e chi se ne frega.
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mia madre mi ha sempre raccontato che in tempo di subitodopoguerra mia nonna aveva imparato a far tutto, il sapone, i bicchieri con i fondi di bottiglia ...
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ci metteva l’acqua fredda e poi un dito d’olio bollente e ... crac un taglio perfetto ... poi si limavano ...
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della guerra mia madre ha sempre raccontato due tre cose, sempre le stesse.
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aveva tre anni, si trovava sulla linea gotica e mi ha sempre raccontato delle risate che si fece quando, poco distante da una fontana dove la gente come poteva si lavava, una grossa signora accovacciata a fare i suoi bisogni si buttò stesa a terra, come tutti i presenti del resto al passaggio dei bombardieri raso terra, e lei bambina rideva come una pazza a guardare il grosso culone della signora...
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mia madre quando lo racconta ride ancora.
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la nonna, dice, cercava di tenerle la testa a terra per farla riparare dalle bombe che scendevano, ma lei, niente, l’alzava per ridere di quel gran culo bianco così esposto
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tanto che quando la racconta ho sempre riso anche io.
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poi racconta sempre di quando lei i suoi fratelli e la madre, mia nonna, rientrarono in città come profughi e in quella occasione lei sentì addosso la vergogna, la vergogna di aver subìto una guerra, aveva tre anni e si vergognava moltissimo
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la città era piena di luci, di auto, di gente vestita, e loro scalzi morti di fame e freddo sporchi e pieni di pidocchi …
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tornarono nel loro appartamento ma lo trovarono occupato.
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mi piacerebbe riuscire a ricamare una giraffa, devono essere proprio belle da vedere le giraffe...
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anche i giraffini devo essere carucci da vedere
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e insomma niente
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niente camicie, me ne frego.