Magnifiscissim … manifichissi …magnì … oh al diavolo!
son qui a godermi il tramonto, con i suoi colori arancio, rosso sino al viola e violetto, indaco e azzurrino, che si staglia in quell’orizzonte possibile per i miei limpidi occhi, così tante volte indotti al sacrificio. E riesco, nonostante il sottofondo mesto di un passato ancora alla coscienza misterioso, a coglierne la bellezza suprema. Il cuore si riscalda grato di esser vivo e per questo benpensante. Il viaggio è sì lungo da far dimenticare la meta, e l’armonia di questo continuo andare, mi porta a sentire il candore dell’esistenza che gioca a nascondino nel continuo perigliare. Son qui, ancora a sorprendermi della lietezza che lo scroscio dell’onda sul parabordo reca, con il suo tranquillo suono, all’emozionante amore che riveste ogni mia singola cellula. Certo, non sono sempre comprensibile ai molti sprovveduti, imbarcati nella mia follia investita da avventura infantile. E questo mi muove a compassione con il pacato ascolto verso i loro lamenti insoddisfatti, che son lì a rivendicare le gite in bicicletta di una triste infanzia, passata tra le piogge di inverni trascorsi al calor delle caldarroste. Ma spesso niente riesce a colmare il vuoto dei loro antri coronarici, induriti malamente dal sale poco iodato e ipertiroideo. Ah! auguro loro un embolo salvifico! Purtuttavia la mia costante attenzione al loro girandolare di lamenti, li commuove e li placa e verso me, in sincera e innocente gratitudine, s’affollano gai. Nonostante tutto, molti sono quelli che si ribellano a questa forma di dipendenza che lor stessi si son creati come grattacielo che ritaglia il cielo troppo azzurro di una specchiata metropoli. Non comprendono la buona fede che accompagna i miei gesti. Anche quei gesti che più si mostran duri celano, contro ogni aspettativa, la poesia che m’investe ad ogni ora, come fosse aria pura da respirare a pieni polmoni. Stoltamente non capiscono le mie certe ricette per la felicità, ma non mi rattristo e sorrido. Peggio per loro, ignari pezzenti di piccola fattura che chissà Iddio cosa pensò quando li creò e mi chiedo quando pianificò di riprenderseli seco attraverso la morte!
Eppure perdonare i loro sbagli reca la carezza al di là dell’ego, spesso troppo espanso come polistirolo per poter coglierne la giusta dimensione. Quante volte infatti Noi non sappiamo distinguerne la misura e quanto spesso non si fa consapevole il Nostro continuo straripare?! Non è da tutti divenirne coscienti ed è per pochi assaporarne l’illuminazione intrinseca. Tutto questo provoca anche dei contrasti nei semplici rapporti umani, di cui spesso siamo bisognosi nonostante dimentichi del nostro essere carne e sangue nè più né meno degli esseri animali. Ma gli scontri inevitabili sono nel vivere come le lacrime, in conto, come in conto io tengo chi, per non accondiscendenza, mi rifiutò l’encomio. Li braccherò sino a vederli marcire nell’inferno rosso dell’eterno dolore di lamenti soffocati dalla loro maledetta dissociata ironia!
Adesso il vento accarezza i miei liberi capelli e il sentire la piccolezza della mia persona di fronte all’immenso universo pulsante di odori colmi di salsedine e alghe, mi rende forte come roccia lavica affacciata sul maestoso oceano. Cosa, infatti, è più grande se non quel che è nel piccìn? Cosa è più colmo se non quello che siede nel vacuo? Gioisco sorseggiando il mio caffè al pensiero del tempo che si è spento ad enumerar i più emotivi segreti e quanto spesso, per questo motivo, i più molestano il prossimo con grossolana violenza. Il loro stato vitale è così basso da non riuscir ad eguagliare l’altezza del divino disegno, mostrando astio verso chi, invece, ne riesce a cogliere, sorridendo, la squisitezza. Malnati che non sono altro, viscidi popolani frequentatori di insane lavanderie e sporchi ipermercati ove sprècan la vil moneta!
La mia benestante sensazione non si fa fuorviare dal molesto furore di volgari appetiti di discutibile giustizia. E l’ottimismo dato dall’amore infuso nel mio respiro embrionale non permette a ciò che non ha ragion d’essere, di toccare il bello che mi circonda . E sempre sorridendo lascio il pessimo umore a chi non può competere con la mia audacia nel vedere veramente. Poveri rabbiosi miserabili e pietosi melagrami, affogheranno nel fango della loro energia negativa! Ah che razza di sud del mondo!
Con fraterno amore
Capitàn Skizofrenìcsu Ponente
son qui a godermi il tramonto, con i suoi colori arancio, rosso sino al viola e violetto, indaco e azzurrino, che si staglia in quell’orizzonte possibile per i miei limpidi occhi, così tante volte indotti al sacrificio. E riesco, nonostante il sottofondo mesto di un passato ancora alla coscienza misterioso, a coglierne la bellezza suprema. Il cuore si riscalda grato di esser vivo e per questo benpensante. Il viaggio è sì lungo da far dimenticare la meta, e l’armonia di questo continuo andare, mi porta a sentire il candore dell’esistenza che gioca a nascondino nel continuo perigliare. Son qui, ancora a sorprendermi della lietezza che lo scroscio dell’onda sul parabordo reca, con il suo tranquillo suono, all’emozionante amore che riveste ogni mia singola cellula. Certo, non sono sempre comprensibile ai molti sprovveduti, imbarcati nella mia follia investita da avventura infantile. E questo mi muove a compassione con il pacato ascolto verso i loro lamenti insoddisfatti, che son lì a rivendicare le gite in bicicletta di una triste infanzia, passata tra le piogge di inverni trascorsi al calor delle caldarroste. Ma spesso niente riesce a colmare il vuoto dei loro antri coronarici, induriti malamente dal sale poco iodato e ipertiroideo. Ah! auguro loro un embolo salvifico! Purtuttavia la mia costante attenzione al loro girandolare di lamenti, li commuove e li placa e verso me, in sincera e innocente gratitudine, s’affollano gai. Nonostante tutto, molti sono quelli che si ribellano a questa forma di dipendenza che lor stessi si son creati come grattacielo che ritaglia il cielo troppo azzurro di una specchiata metropoli. Non comprendono la buona fede che accompagna i miei gesti. Anche quei gesti che più si mostran duri celano, contro ogni aspettativa, la poesia che m’investe ad ogni ora, come fosse aria pura da respirare a pieni polmoni. Stoltamente non capiscono le mie certe ricette per la felicità, ma non mi rattristo e sorrido. Peggio per loro, ignari pezzenti di piccola fattura che chissà Iddio cosa pensò quando li creò e mi chiedo quando pianificò di riprenderseli seco attraverso la morte!
Eppure perdonare i loro sbagli reca la carezza al di là dell’ego, spesso troppo espanso come polistirolo per poter coglierne la giusta dimensione. Quante volte infatti Noi non sappiamo distinguerne la misura e quanto spesso non si fa consapevole il Nostro continuo straripare?! Non è da tutti divenirne coscienti ed è per pochi assaporarne l’illuminazione intrinseca. Tutto questo provoca anche dei contrasti nei semplici rapporti umani, di cui spesso siamo bisognosi nonostante dimentichi del nostro essere carne e sangue nè più né meno degli esseri animali. Ma gli scontri inevitabili sono nel vivere come le lacrime, in conto, come in conto io tengo chi, per non accondiscendenza, mi rifiutò l’encomio. Li braccherò sino a vederli marcire nell’inferno rosso dell’eterno dolore di lamenti soffocati dalla loro maledetta dissociata ironia!
Adesso il vento accarezza i miei liberi capelli e il sentire la piccolezza della mia persona di fronte all’immenso universo pulsante di odori colmi di salsedine e alghe, mi rende forte come roccia lavica affacciata sul maestoso oceano. Cosa, infatti, è più grande se non quel che è nel piccìn? Cosa è più colmo se non quello che siede nel vacuo? Gioisco sorseggiando il mio caffè al pensiero del tempo che si è spento ad enumerar i più emotivi segreti e quanto spesso, per questo motivo, i più molestano il prossimo con grossolana violenza. Il loro stato vitale è così basso da non riuscir ad eguagliare l’altezza del divino disegno, mostrando astio verso chi, invece, ne riesce a cogliere, sorridendo, la squisitezza. Malnati che non sono altro, viscidi popolani frequentatori di insane lavanderie e sporchi ipermercati ove sprècan la vil moneta!
La mia benestante sensazione non si fa fuorviare dal molesto furore di volgari appetiti di discutibile giustizia. E l’ottimismo dato dall’amore infuso nel mio respiro embrionale non permette a ciò che non ha ragion d’essere, di toccare il bello che mi circonda . E sempre sorridendo lascio il pessimo umore a chi non può competere con la mia audacia nel vedere veramente. Poveri rabbiosi miserabili e pietosi melagrami, affogheranno nel fango della loro energia negativa! Ah che razza di sud del mondo!
Con fraterno amore
Capitàn Skizofrenìcsu Ponente
16 commenti:
"[...]
Sorge sul mar la luna
ruotan le stelle in cielo
ma sulle nostre luci
steso è un funereo velo.
[...]"
... sento qualcosa di mostruoso
in codesto testo... qualcosa di alieno e scisso... vorrei trovar l'ossimoro ma rinvengo solo...
ossicini di seppia?
di pollo?
p.s. MARZIANAMENTE BRAVA
x Grì: immagino continui ...
x da: ... anche io sento qualcosa di mostruoso in codesto testo ...
e a questo capitano (che è il penultimo) è toccato esprimerlo il meglio possibile...
p.s. ho seguito il video/lezione sulla recitazione di Orson
Mostruoso forse... ma così autenticamente umano da specchiarcisi dentro.
E quel riflesso è così drammaticamente vero da indurre alla follia.
Bravissima!
bravo te!
ne hai colto la fragilità
i puntini di sospensione stanno ad indicar che continua.
Amo l'epistolario, scender nel profondo pur galleggiando in superficie...
Per tutta la lettera ho avuto l'impressione che il capitano fosse donna e in più alcuni pezzi giurerei di averli scritti io, da tanto che me li sento.
Non so, vedilo come un infinito apprezzamento, Alba.
x ggrillo: sì, ma dove?
x Guido: oh che bello trovare un tuo commento! son molto contenta che ti piaccia l'epistolario, e anche del perchè!
x Skiri: già ... infatti piuttosto donna, e non so ...
Infiniti ringraziamenti!!!
Che video di Orson?
recitazione video...
aggiungi qualcosa in merito.
Orson la ricotta?
Orson Pasolini... bella la tua musica da post... ye ye ye...
p.s. la foto che hai già visto è dei telsen sao la setta new age anni 80 che imperversava a Portentone con anto di omicidio non risolto giovane ragazza di 20 anni... tu sai te ne parlai...
qui a destra, su iù tùb ci sono i miei preferiti tra cui orson che parla della recitazione (sulla seconda pagina credo)
p.s. della foto: lo so lo so!
Il "color delle caldarroste" mi ha fatto ricordare un amico che, per descrivere il vestito che avrebbe indossato alla discussione della sua tesi di laurea, disse che era "color castagna sotto" (tanto spreco di fantasia, e comunque non era per nulla vero). Vabbe', commento OT, scusa (-:
una fantasia da vecchi libri di scuola delle elementari, di un tempo ... con la gelmini ritorneranno in auge.
Rip, ma dove sei? non ti vedo più ...
:(
ho visto il pezzo di welles
anche quello sulla blixen...
commovente la Recitazione...
un attore che non trova le parole
quando deve interpretare se stesso
eh eh... bellissima la chiusa
su supermercati e drogherie sotto casa
grazie!
da.
p.s. postai ancora.
'sto Càpitan Capitàn ha bisogno di montagna...buon w e
anfatti!
a te anche buòn
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