sabato, luglio 07, 2007

se parigi avèss ù màer sarebbe na piccola bàer


Quando ero piccola io e la mia famiglia vivevamo al quartiere "Libertà" ... il quartiere popolare di Bari vicino al tribunale. Il nostro palazzo era ed è ancora di quelli con il portone di legno molto grande, l'atrio spazioso col soffitto a volta, senza ascensore e con i gradini della scale molto alti. Il portone è sempre stato fresco e con quell'odore di umidità molto forte, che a me tutt'ora in qualsiasi posto io me lo ritrovi ad avvertire, mi rimanda al concetto di "casa", di appartenenza. Mi ricordo di una sera in cui io, i miei fratelli e mia madre ci trovammo un grosso animale sul passamano delle scale, tipo un castoro lungo con gli occhi rossi, i baffi lunghi, che mostrava i denti e ci soffiava contro come un gatto. Ricordo le urla di mia madre che nello stesso tempo ammassava noi dietro le sue spalle. Poi ricordo l'arrivo dei Vigili del Fuoco. A me quando succedevano cose del genere, mi veniva di ripensarci la sera, a letto, e mi sembravano avventure, delle specie di feste. Anche quando avvenivano le sparatorie. Si era fermi a casa, con le persiene verdi chiuse, e si ascoltavano gli spari e le grida. Poi si riapriva tutto quando scemava la confusione, e dal balcone, in alto, si vedeva l'auto dei carabinieri, l'ambulanza che partiva, le donne che parlavano animosamente, il palazzo di fronte bucato nel muro dai colpi d'arma e le rondini in aria che tra un tetto e l'altro ricominciavano i loro giri di valzer cantando. E di cosa era successo veramente io non capivo. Erano un insieme di vocaboli: arresti domiciliari, Peppìn u gnùr (Peppino il nero), 'a migghièr (la moglie) 'a vecchia, avarrivàt 'u di cchiù (è arrivato "il di più", che in genere si riferisce a una persona) ... non capivo mai cosa realmente succedeva! Ma la sera a letto ci ripensavo, un'altra festa, un'altra avventura. Mia madre a noi e ai nostri cugini ci diceva di non avvicinarci al vecchio in carrozzella, quello che stava sempre vicino al negozio che vendeva tutte le cose di plastica Moplen e i giochini sempre di plastica, perchè era un "porco maledetto", così diceva ...

Mia madre faceva la maestra elementare e veniva da Taranto, e si ritrovò a Bari a insegnare nelle classi differenziali, cioè quelle classi fatte da bambini che frequetavano insieme, chi la prima, chi la seconda, chi la quinta ... tutti insieme nella stessa classe. Alcuni erano anche grandi... cioè di 14/15 anni. Mia madre non conosceva il dialetto barese, solo il tarantino;son dialetti che, anche se si somigliano, hanno per alcuni vocaboli delle differenze sostanziali. Un giorno mia madre ventisettenne affrontò la classe cercando con tutte le sue motivazioni di avere autorità, perchè sapeva che se non avesse prima di tutto stabilito quella, per lei era finita. Voleva soprattutto cercare di adempiere alla sua "missione" cioè l'alfabetizzazione, che era lo scopo primario negli anni sessanta, in un quartiere popolare del sud. E con tutta la sua lucidità e innocenza, mentre era lì, un bambino piccolino piccolino, con gli occhi spalancati dallo spavento le disse "Maè, vedi quello mi tocca con la ciòla!!!" Ora a Bari si chiama "ciòla" l'organo maschile, ed è solo a Bari che si dice così. Mia madre preso atto della paura del piccolo, pensò si trattasse di cosa veramente pericolosa, pensò ad un'arma, anche perchè l'accusato era bello grande, e con voce da nazista gli intimò "portamela immediatamente qui!" sbattendo con forza la mano sulla cattedra. La classe ammutolì di colpo. Il piccolo si era inebetito e il grande aveva tutto lo stupore del caso. Allora mia madre, di fronte al silenzio totale pensò di avere in pugno la situazione e con voce dura ma un po' più morbida, senza nulla togliere alla fermezza aggiunse" non farmi alzare, se vengo io da te è peggio, te la tolgo con la forza, portamela!" A quel punto su tutta la classe aleggiava la paura, soprattuto per il grandicello che aveva gli occhi spalancati dal terrore. Mia madre, di fronte allo sconcerto generale, pensò di aver esagerato. E allora con voce materna e dolce disse "Facciamo così, adesso me la porti, io la metto nel cassetto, e dopo la lezione te la ridò" . Il disorientamento fu palese, tanto che una bimbetta timidamente e con voce sottile bisbigliò "la maè nùn sàap ci è la ciòla!" (la maestra non sa cos'è la ciòla). A quel punto mia madre avvertì qualcosa di indistinto, e ordinò a tutti di stare fermi e buoni che doveva uscire fuori un attimino. Andò dalle colleghe ad informarsi. Quando rientrò la classe era stata ferma e buona, ubbidiente. E mia madre fece finta di nulla.

Ancora oggi i suoi ex alunni vanno a trovarla. Son belli grandi, anche cinquantenni. Chi ha la bancarella al mercato, chi fa il camionista, chi il programmatore, chi la maestra, chi l'estetista, il ragioniere, il pizzaiolo ... le dicono di come fanno studiare i loro figli e dei libri che si leggono ogni tanto con tempo a disposizione e la informano anche di altri alunni invece che non ce l'hanno fatta, si sono uccisi o sono stati uccisi ... e non c'è differenza ...


12 commenti:

Anonimo ha detto...

sento il frinire delle rondini... o forse è il garrire delle rondini
o il barrire del tricolore e l'odore della polvere da sparo!?
E mo' e mo' MOPçEN!! MOplen!!

ablar ha detto...

il barrire del tricolore potrebbe indicare quella sorta di campanilismo del ... della ciò...?!
:)

Unknown ha detto...

alba reclinata che mi guardi, cosa
vuoi da me ? sono Boris il pesciolino
che sta nella vasca che forse non è una vasca di fianco a te..

Anonimo ha detto...

dove li trovo i tuoi racconti pubblicati? ossequi

ablar ha detto...

xEgine: è vero, è di fianco ... Boris hai fame? ti dò le alghette?
:)))


xWalka: li trovi qui. :)
ossequi e là
(grazie molte)

Anonimo ha detto...

moi je l'ai toujours dit que t'écrit bien!

ablar ha detto...

oh oui, merci mais ... je ne sais pas ecrire (ne plus parler) en francais, je doit trouver un agent très special pour traduir cettes choses ici puor les amis francaises ... sigh!

facciàm que ci pense toi?
(facciamo che ci pensi tu?)
;)

Anonimo ha detto...

e non c'è differenza. il racconto è l'indifferenizato ed il distante. non c'è differenza (bello)

ablar ha detto...

le due facce della stessa medaglia!
(grazie)

ggrillo ha detto...

Un castoro? Occhi rossi? Baffo lungo?
Non un topo? O un gatto? O uno Stregatto?

ablar ha detto...

chiamasi "zoccola"!

ggrillo ha detto...

Ah