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i ciechi con l'elefante
che vorrebbe dire loro tante cose. Però poi non le dice. Povera bestia.
domenica, aprile 26, 2009
la vertigine
"...'impotenza' non significa qui soltanto assenza di potenza, non poter fare, ma anche e soprattutto 'poter non fare', poter non esercitare la propria potenza. ..."*
La luce sul comodino era accesa, forse troppo. Leggeva per distrarsi dall'insonnia e da quel senso di vertigine che non le dava tregua. Un senso che riconosceva come proprio, come un ricordo a singhiozzo che a ritroso la vedeva ancora bambina. "Ma guarda questa ... ma l'hai sentita?" "cosa?" "su, fai vedere che hai fatto ... bravissima brava ... su ripeti". Lo sguardo addosso come se fosse un film.
"separato dalla sua impotenza, privato dell'esperienza di ciò che può non fare, l'uomo odierno si crede capace di tutto e ripete il suo gioviale 'non c'è problema' e il suo irresponsabile 'si può fare', proprio quando dovrebbe invece rendersi conto di essere consegnato in misura inaudita a forze e processi su cui ha perduto ogni controllo"*
Di quando era bambina si ricordava appena il nascondiglio dietro la poltrona quando fuggiva dalla zia e dalla sua iniezione ricostituente, quando una volta si nascose dietro gli asciugamani del bagno inutilmente e dell'angolo dove si metteva da sola in punizione, della paura del buio e ... e poi la vertigine, quel senso di vertigine. Aveva stabilito arbitrariamente, per darsi un ordine, che fosse risalente a quel giorno in cui a tre anni incominciò a leggere sillabando tra sè e sè la marca del rasoio elettrico del padre: "Re - min-gtòn" e tutti accorsero a guardarla con stupore. Si era trovata a saper parlare in ritardo, ma con grande proprietà di linguaggio e in anticipo a saper leggere. Questo anticipo era la sua vertigine. Questo anticipo che le veniva dalla sua vita e che lei guardava dall'esterno come se non le appartenesse. Aveva il sapore di un sospetto di megalomania che il proprio carattere non tollerava. Una solitudine.
"Nulla rende tanto poveri e così poco liberi come quest'estraniazione dell'impotenza. Colui che è separato da ciò che può fare, può tuttavia, ancora resistere, può ancora non fare. Colui che è separato dalla propria impotenza perde invece, innanzitutto, la capacità di resistere"*
Aveva nel pomeriggio firmato la sua lettera di licenziamento. Entro due mesi la sparizione del suo investimento l'avrebbe invasa. Qualcosa del genere era già successo . Come diceva sua madre: è la vita. Era sul letto a leggere mentre aspettava il sonno ristoratore, che le avrebbe regalato quel senso di liberazione che a tratti, nella giornata, si era fatto inaspettatamente sentire. Con il susseguente senso di vertigine. L'estraniazione dalla possibilità della possibilità.
"Come è soltanto la bruciante consapevolezza di ciò che non possiamo essere a garantire la verità di ciò che siamo, così è solo la lucida visione di ciò che non possiamo o possiamo non fare a dar consistenza al nostro agire"*
Quando il caldo della coperta l'invase e il morbido del cuscino si rese più accogliente, si addormentò trasformando in dondolio tutto il suono del mondo. Come se fosse presente ancora amore.
*da "Nudità" di Giorgio Agamben- Ed. Nottetempo
venerdì, aprile 03, 2009
uh!
ieri ho spaccato e buttato all'aria tutto ciò che mi capitava a tiro in casa ...
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