venerdì, novembre 24, 2006

solitudine



Quella della solitudine è una condizione esistenziale che ognuno di noi ha frequentato tante volte nella vita e certo fino alla morte continuerà a frequentare. La solitudine non è certo un’esperienza piacevole e tuttavia vorrei provare a cogliere alcuni suoi positivi aspetti. Non voglio percorrere la strada del vittimismo velato dal compiacimento sottile di uno stato d’animo che troppo spesso è presentato come manifestazione di grande sensibilità. Vorrei soltanto sostenere che la solitudine è semplicemente la condizione della persona adulta.
Da adulti in più di una circostanza non si può chiedere agli altri la soluzione di un proprio problema; meno che mai si può pretendere che gli altri facciano quello che si deve fare per noi stessi. In questi casi gli altri non si sentono di partecipare a delle scelte che sono personali e nelle quali non si può o non si dovrebbe entrare.
Ecco che ci si scopre appunto di essere soli. E non è una scoperta piacevole. Ma non si scopre solo questo. Si capisce, ed è una scoperta forse ancora più dolorosa, che gli altri non hanno la forza, l’autorità necessarie per fare al posto di un altro ciò che deve essere fatto dal soggetto interessato.
Si entra così in una condizione di relativismo esistenziale e psicologico in cui non ci sono più certezze assolute.
Quando alle volte mi capita di dire a mia figlia "Si fa così, e basta!" e nonostante la contrarietà che la frase può provocarle so che apprezzerà la fiducia che accompagna quelle parole. In fondo alla fine sento che gradisce la mia partecipazione ai problemi e soprattutto le mie certezze.
Arriverà anche per lei il tempo, se per certi versi non è già arrivato, che mi coglierà ignorante e impotente nel rimediare alle sue sofferenze, e anche lei sentirà di non essere più "contenuta" come prima. E' così per tutti.
Ecco il proprio vissuto di abbandono.
E la vita appare più vasta, con confini sempre più lontani e ad un certo punto senza più confini, infinita, sconosciuta, preoccupante e pericolosa.
Gradualmente si abbandonano gli investimenti sui primi oggetti d’amore, si torna al proprio narcisismo e, così, si soffre. In seguito si cerca l’altro per sfuggire a questa condizione di solipsismo, e si trova, ma per scoprire che è altro da sé.Allora si cerca l’amore che unisce, che fonde, tentativo di ripristino della simbiosi con la madre. Momenti belli, finalmente, ma molto faticosi.Man mano in realtà il cuore vorrebbe stringersi ad un altro essere umano, toccare qualcuno con mano, sentirsi toccare da mani altrui. Il cuore vuole qualcosa di gentile che lo comprenderà. Vuole, prima di ogni altra cosa, essere compreso.
Con il tempo magari stemperiamo le amarezze, imbrigliamo le paure, arriviamo a vivere con gioia certi momenti della vita; ma al fondo qualcosa dei rimpianti per le cose perdute e delle paure per gli appuntamenti futuri, tra i quali primo tra tutti quello con la morte, arriva come un mesto e silenzioso stato d’animo quasi invadente. S’impara anche a convivere con l’idea della morte. Ma quest’idea, tipica scoperta della condizione adulta, ci può portare ad un diverso modo di vedere le cose. Un modo "tragico".
In fondo è giusto che sia così.Vivere la vita come commedia, per paura o superficialità, è meno divertente di quanto alcuni possano pensare.La nobiltà dell’uomo è intrinseca alla sua stessa essenza: egli è nobile per il solo fatto di vivere, nelle sue paure, nei suoi errori, nell’accettazione incondizionata dei suoi limiti.

La solitudine è uno di questi limiti che però possiede una grande potenzialità: ha il compito, sano, di servire da arresto e da riflessione a un destino improprio, è uno stato d'animo che ha probabilmente lo scopo di denunciare il conflitto psichico risultante dal colludere delle nostre più intime inclinazioni con i dettami della collettività.La solitudine ci "consegna" all'altro, ci spinge verso nuove esperienze, è uno stato d'animo che funziona come un detonatore facendo esplodere la nostra innata necessità di socializzazione.Nella solitudine, in altre parole, siamo "noi stessi" con il desiderio dell'altro.

5 commenti:

anacoluto ha detto...

Che bello il tuo post

ablar ha detto...

giura?

ablar ha detto...

mi sono sorpresa anche io ... oddio ... non vorrei spaventarmi nè intimidire :-)

ablar ha detto...

scusami eloisa, però volevo capire ... perchè senti che chi sente così sia "infinitamente aperto e infinitamente prova"?
Tutto ... cosa?
Tutto indistintamente?
Non capisco perchè ... non capisco

anacoluto ha detto...

Giuro! E' un talento. Che in un mondo ridondante di indistinta abbondanza e di superfetante vacuità... è una risorsa scarsa.